XVI

[…segue] La stanchezza, immerso in quell’acqua sotterranea, sembrava ormai ridere contro Ramon, schernendolo per la fatica sprecata in un gesto inutile. Forse avrebbe potuto fare a meno della mappa, forse il viaggio che aveva deciso di intraprendere non aveva bisogno di qualche scarabocchio di un bambino; d’altronde il compimento di un’azione è data dalla semplice volontà di riuscire in essa, e tutto ciò che può aiutare è un’appendice e una favorevole congiuntura, ma inutile senza l’estremo desiderio di compiere quell’azione, che da solo è in grado di portarla a termine. Ma ogni domanda, ogni ripensamento nell’istante che sembra distruggere il nostro proposito non ha più valore di una corsa intorno ad un albero per sfogarsi di un fallimento: ci distrae dalla situazione creduta persa e, di fatto, ci impedisce di continuare a combattere per avverare il desiderio. No, la mappa, quegli scarabocchi di bambino, erano indispensabili, perché anni addietro avevano fermato l’informazione che, dodici anni dopo, avrebbe potuto fornire il primo passo del cammino verso la risoluzione. Ramon, in quel momento, non era in grado di ricordare esattamente la conversazione dei Tre Saggi di tanto tempo prima e, seppure sapeva di dover intraprendere un percorso verso il cuore del bosco e verso la distruzione del Patto diabolico, aveva bisogno di quei dettagli che, freschi come quella notte in cui vennero presi, non temevano imprecisioni.

Improvvisamente il cinghiale cominciò a ringhiare, e il rumore della zampe sul terreno si arrestò. Mentre Ramon sentiva il suo naso cominciare ad inalare acqua, i ringhi divennero un infernale urlo di rabbia e potenza, fino a che due spari ne coprirono il sovrannaturale suono. Un terrore senza fine si impadronì di Ramon, che comprese subito cosa stava accadendo. Con l’energia della paura si aggrappò ad una sporgenza delle pareti urlando con tutta la forza che aveva il nome di Calia, cercando di tirarsi su con la mano sana disperatamente, pietosamente, sentendosi scivolare di nuovo nell’abisso della terra. Il mostro chiuse i suoi ringhi in un suono altissimo e breve, dopodiché nessun rumore indicava cosa potesse esser accaduto. Con gli occhi sgranati dalla disperazione, Ramon guardò l’occhio della luna, che si chiuse per lasciare il posto a Calia, in cerca di lui nel buio del pozzo. Ramon urlò verso la sua amica prima di lasciare la presa stremato e ricadere nell’acqua. Nel sogno senza suoni in cui si inabissava, la mano di Ramon toccò qualcosa di sottile e mobile, che afferrò come reazione di vita. Calia, sul bordo del pozzo, tirava con tutta la sua forza, sperando solo di farcela. Ramon tirava quasi senza forze, poggiava i piedi spingendoli contro ogni appiglio, e chiudeva gli occhi per concentrare tutta l’energia che aveva in quell’unica possibilità di salvezza.

L’occhio della Luna, mentre scendeva verso la sua scomparsa come uno spettatore trascinato fuori dal teatro, fece in tempo a guardare Ramon emergere dal pozzo e, affievolendosi in una perdita di sensi, sorridere a Calia mentre le porgeva il tesoro ritrovato. Il mostro giaceva senza vita poco più in là. Questa volta il sangue usciva abbondante dal corpo maledetto. Abbracciati in mezzo alla notte, sfidando ogni istante di più quel bosco infestato che covava il Male come un albero con del miele malato, Ramon guardava Calia come fosse più bella della Luna che le aveva lasciato il posto in quella notte di demoni e, contenendo con le sue mani le mani di lei, che custodivano la mappa, le disse:

“Qui c’è la nostra strada, il nostro futuro”

Dove: chiedeva lei con gli occhi in lacrime per udire di nuovo la voce del suo amico, dove.

“Laggiù”

Le rispose Ramon indicando il bosco con il polso rotto. Riceveva la gioia di Calia come una pioggia di stelle. Le avrebbe chiesto il perché di quell’improvviso pianto di liberazione. In quel momento, però, svenne. Calia aveva in grembo Ramon e riprendeva coraggio e forze per trasportarlo in casa, quando udì qualcosa simile a passi in lontananza. Forse era l’impressione mal decifrata di un senso che si risveglia dopo anni di riposo, forse l’immaginazione alimentata dalla stanchezza; non esisteva alcuna possibilità che quello che avesse sentito fosse reale. Tuttavia bastò per imprimere in un attimo a Calia ciò che stava raccogliendo con qualche minuto di attesa: l’energia le tornò rapida per trascinare Ramon nella sua casa. [continua…]

 

© Andrea Orlando – 2012 – Tutti i diritti riservati