XVII

[…segue] Ramon riposava in casa con il polso fasciato. Il fuoco rinnovato del focolare lo avvolgeva in un paterno abbraccio. Gli abiti si asciugavano su una sedia. Calia aveva in mano la mappa recuperata, per la quale entrambi avevano rischiato la vita, e cercava di capire a cosa potesse riferirsi: un bosco stilizzato era formato da alberi. Sotto alcuni di essi un segno, il simbolo apparso quando scomparvero i suoi genitori, il simbolo impresso alla base della sua schiena, il simbolo solidificatosi da schegge di vetro, e che guidava la loro ricerca di vita, indicava gli alberi come punti di un percorso verso un cerchio isolato al centro del bosco stesso. Tuttavia alcuni degli alberi con il simbolo non facevano parte del tracciato, e anzi portavano verso macchie nere. Degli appunti facevano riferimento ad un patto che era possibile infrangere, ad una radura, e all’ascoltare la propria rabbia per giungerci. Tutto era piuttosto confuso, e Calia notò che la mano che aveva tracciato quei segni era di un bambino. Quella mappa probabilmente era immersa da dodici anni, da quella notte in cui la comunità la lasciò imprigionata, sola, in quel villaggio: non vedeva altra spiegazione per la sua presenza lì sotto terra, nel pozzo. Nessuno, oltre Ramon, si era mai avvicinato al suo villaggio fantasma prima. La mappa era molto ben avvolta nella pelle, ed i segni erano ancora distinguibili. Calia sentiva chiaramente l’importanza di quelle indicazioni, ma non riusciva a comprenderne il messaggio. Ramon, di colpo, si svegliò. Sopraggiungendo di nuovo nella realtà da cui aveva rischiato di uscire per sempre, non riusciva a ricordare nulla e, disorientato ed intimorito, fissava Calia come se non l’avesse vista da anni. Si alzò  guardandosi intorno, cercando di guadagnare qualche centimetro di comprensione in più, sperando di poter ricordare cosa ci faceva lì, come ci fosse arrivato. Guardava Calia come se fosse un fantasma e guardava la casa come fosse giunto da un altro mondo ed un altro tempo. Ansimava e non riusciva a trattenere la paura dagli occhi sbarrati. Calia si impressionò guardando l’amico in quello stato di incoscienza, al punto da averne paura. Poi si fece forza, si avvicinò a quel piccolo uomo disperso e lo guardò negli occhi. La sua mano si alzò fino a toccare il viso di lui, e poi ridiscese per prendere la sua mano nella sua.

    Lentamente Ramon si calmò, riprendendo un respiro regolare e concentrando i suoi occhi in quelli di Calia: ricordò a poco a poco il Patto con il Male, l’aggressione della piccola Calia, la fuga  della comunità dal villaggio, la morte di due membri  nell’attraversamento delle montagne, la conversazione dei Tre Saggi e la possibilità di rompere il Patto, la visita a Calia ed il cibo, la mappa nel pozzo, la vita isolata nella comunità ostile, i tentativi di fuga, la mediocrità e la sopravvivenza corrosa dal rimorso, la fuga riuscita, l’anno di percorso verso il villaggio del passato, minacciato dalla natura e dallo scoraggiamento, il ritrovamento di Calia, il recupero della mappa nel pozzo, l’odore di morte nell’aria, l’uccisione della bestia, la risalita, la perdita di sensi. Tutto tornava lentamente al suo posto nella testa desiderante solo di dimenticare e scomparire. Il riassestamento gli cambiò gli occhi, che ora comprendevano e mostravano la risoluzione sul futuro dei due ragazzi.

“Dobbiamo partire subito”

Calia rimase immobile.

“Dimmi, Calia, il villaggio non è mai stato colpito da un vortice in grado di spazzare via tutto, non è così?”

Calia confermò.

“Credo che quel Vortice stia per arrivare, perché abbiamo cambiato la linea del Patto, ne abbiamo sfidato la stabilità… sento che abbiamo superato un punto di non ritorno. Iniziare il percorso verso la rottura del Patto ha delle conseguenze che posso solo in parte intuire. Così ricordo che i Tre Anziani ci ammonivano ad ogni occasione, per impedirci di protendere verso la decisione di tornare qui. E non credo che fossero delle menzogne. Il Vortice è stato sempre il pericolo più grande legato a questo Patto. I Tre Anziani lo strinsero per evitare questa catastrofe, e sotto la sua continua minaccia ne rinsaldavano la fede dentro i cuori trasparenti della comunità.”

Calia non aveva bisogno di sentire altro in quel momento. La risoluzione che sapeva di dovere affrontare prima o poi per sfuggire alla sua prigionia si stava compiendo, e Ramon ne aveva portato con sé la scintilla, perché sentiva il fuoco morderlo dentro di sé. Desiderava solo chiudere la sua vita in quel villaggio abbandonato, e quel messaggero dell’infanzia le indicava come fare. Comprendeva l’irreversibilità di quel gesto, ma voleva vivere, vivere davvero, e avrebbe accettato tutto quello che era necessario per concretizzare quel desiderio primordiale. Calia annuì, e con gli occhi ringraziò colui che muoveva il suo stato da un limbo senza contorni ad una sfida attesa da anni, e portatrice di un cambiamento, in qualunque direzione esso fosse andato. Si voltò rapida per andare a prendere tutto ciò di cui aveva bisogno dal piano di sopra. Ramon la chiamò. Calia si arrestò come colpita, si voltò verso di lui con occhi mossi, e attese le sue parole.

“Il nostro pugnale. È la cosa più import… Ma tu mi hai sentito!”

Calia chiuse gli occhi e annuì.

“Da quando riesci di nuovo a…”

Calia allargò le braccia tenendo i gomiti sui fianchi, come se il gesto di aprirle del tutto le fosse ancora precluso, a lei che da poco stava rientrando nella vita a piccoli, scuri, e pesanti passi.

“Che tutto ciò che sta cambiando possa aiutarci mentre attraversiamo il bosco”

Calia sorrise con un peso negli occhi e scomparve oltre le scale. Ramon soppesò quel momento di piccola vittoria: era sopravvissuto al pozzo ed aveva la mappa che conteneva gli indizi su come raggiungere la radura nel bosco. Ed ora Calia tornava ad udire.  Tutto cambiava, e la sua amica riceveva un piccolo risarcimento per la sua immensa pena. Il tempo avrebbe detto se questo fosse una crudele illusione prima della fine, o il preannuncio di una vittoria del Bene. Si rese carnalmente conto di come la sua vita fosse passata da una situazione di calma senza alcun senso ad una condizione di pericolo che lo rendeva preda e cacciatore di un senso a cui ogni uomo in fondo aspirava ma che pochi trovavano. Anche se l’indomani fossero morti, e la loro ricerca della salvezza fallita, nei suoi occhi di moribondo avrebbe brillato la soddisfazione di un tentativo. Quello era tutto ciò che poteva desiderare.

Si accorse che le mani gli tremavano senza controllo: il simbolo di vetro vibrava di un riflesso di luce cupa, e lentamente il terreno lo seguì con un boato immenso. Il mondo si scuoteva.

“Arriva”

[continua…]

 

© Andrea Orlando – 2012 – Tutti i diritti riservati