[…segue] Nelle ore seguenti alla presa di coscienza del suo nuovo potere, Calia avanzò verso la direzione della rabbia, che sentiva crescere in lei regalandole un’energia stupefacente. Il sonno diminuiva insieme a questa nuova linfa, ed un’altra tappa passò senza ostacoli. La nona. Si accorse di non avere più bisogno di cercare gli alberi con il simbolo dell’Ilmud tra le radici: Calia veniva guidata dalla radura, il cuore del Male. Lì era la sua nuova meta ed il suo destino e da lì la dissonanza d’odio la attraeva. La gamba aveva smesso di perdere sangue e, sebbene zoppicasse ancora, sentiva di recuperare velocemente le energie. A breve sarebbe stata in grado anche di correre. Era incredibile quanto le stesse donando quella rabbia penetrante sempre più nel suo cuore. Risanava, potenziava, brillava dentro di lei facendole dimenticare ogni dolore, indirizzando invece l’attenzione verso i colpevoli degli eventi che le avevano distrutto la famiglia e la vita. Che i responsabili fossero Ramon o Garco, la comunità intera o solo i Tre Saggi, o il Male puro, Calia sapeva che la risposta al suo dolore si sarebbe manifestata con chiarezza una volta giunta alla radura. E solo lì l’avrebbe affrontata senza più dubbi. Sentiva l’Ilmud alla base della sua schiena bruciare di pulsioni tremanti, desiderose di chiudere il Patto, e combattere chiunque non le permettesse di farlo. La protezione che rappresentava quel simbolo cresceva verso ciò che ormai era l’unico senso per la sua vita distrutta: sfidare il Male e chiudere quel limbo in cui era stata costretta a dimorare per dodici anni.
Garco era scomparso, Ramon le era morto tra le braccia, e la realtà in cui si muoveva era costellata di visioni e sogni che non erano più distinguibili dalla veglia. Tuttavia Calia avanzava, con la forza della disperazione, della solitudine, del ricordo di una vita frantumata, e di un amore che, sebbene non avesse più gli elementi terrestri della sua esistenza, pure viveva ed alimentava la sua potenza vitale nella custodia dei loro volti, delle voci, delle emozioni e delle mani di coloro che erano amati. Calia amava, e questo la faceva restare in vita; e Calia odiava, e questo la faceva andare avanti. Un passo dopo l’altro la radura e la rabbia che la costituiva penetravano con più intensità dentro di lei, e aloni del suo spirito già si ingrigivano al contatto, rilasciando nuova forza in compenso. Così sapeva di essere quasi giunta alla meta. Cosa sarebbe accaduto lì Calia era pronta a scoprirlo, e la paura che le punteggiava il cuore al pensiero non faceva che aizzare quel desiderio. Nel silenzio di quel bosco immortale udiva voci dei suoi ricordi, rumori della sua vecchia quotidianità: la porta della sua casa che si apriva a ridarle Ramon dopo anni di solitudine, il ronzio di quella solitudine, sua unica compagna per tanto tempo, le risate della sua vita di bambina, il fruscio senza peso del vento nelle giornate primaverili della sua infanzia felice, le urla sorridenti del suo fratellino Codi, la voce calda della madre, lo scoppiettio del fuoco quando, abbracciata dai suoi genitori, ascoltava ancora una volta una delle storie che suo padre Merito amava raccontare per donare un po’ di se stesso ai suoi figli. Storie vere con un po’ di fantasia, e viceversa.
Ricordò la storia dell’albero che volle strappare le sue radici dal terreno per vedere cosa ci fosse fuori dal bosco, perché il suo unico desiderio era soddisfare quella curiosità senza fine. Riuscì ad arrivare al limite di tutti gli altri alberi, lì dove terminava quel bosco che lo aveva circondato per così tanto tempo; vide cosa c’era al di là di tutto quel verde, vide il sole in faccia, e tutta quella bellezza da centenni coperta ai suoi occhi da passi e passi di rami lo fece piangere, piangere di resina. Senza radici però non poteva sopravvivere, e crollò a terra. Morì felice.
Calia sorrise malinconica al ricordo, mentre i suoi occhi toccavano indolenti gli alberi ostili e cupi, protetti dalla notte. Merito raccontava spesso quella storia a lei e Codi, e quando loro una volta gli chiesero se fosse il bosco accanto a loro quello da cui l’albero voleva fuggire lui rispose di si. Il corpo dell’albero giaceva ancora lì, alla soglia del bosco. Le lacrime di resina si erano indurite e brillavano come oro quando il sole le colpiva, a ricordare che l’albero era sempre felice di essere toccato dai suoi raggi. Così a volte i due fratelli correvano a vedere l’albero piangente e, quando lo trovavano a terra ricoperto di gocce di resina, gioivano insieme a lui, e per qualche tempo non volevano muoversi dal suo tronco. Calia ebbe chiara in mente l’immagine di Merito e Sondra che guardavano lei e Codi con la tenerezza e l’amore di due genitori appagati e fieri di portare avanti una famiglia così unita. Li rivide con chiarezza abbracciati con il sole alto alle loro spalle. Calia ricordò di aver compreso in momenti come quelli che la felicità era proprio lì dietro casa sua, e si sentì invadere da una gioia subito mozzata: quell’albero diede la vita per uscire dal bosco, e lei avrebbe probabilmente dato la sua per entrare nel cuore di quello stesso bosco.
A Calia tuttavia piaceva poco ricordare quei momenti sereni, perché la felice malinconia che ne scaturiva era difficile da scacciare, e di solito portava con sé ricordi più tristi, per uno strano equilibrio di sensazioni. Calia rivide infatti per rimando la notte in cui la sua famiglia scomparve, nell’attesa della mezzanotte che avrebbe portato il suo dodicesimo compleanno. Avevano appena terminato di cenare. I suoi genitori ripulivano i resti e lei e Codi giocavano a vedere forme nelle fiamme del camino. Ne vedevano moltissime, e non era mai capitato che uno di loro perdesse per non riuscire a trovare qualcosa nella danza folle del fuoco. Quella sera Calia perdette. Lo ricordò solo in quel momento di solitudine, mentre avanzava nel bosco senza suoni. Giocavano già da un po’, e quando fu il suo turno lei disse di vedere nelle fiamme Merito, Sondra e Codi legati e imprigionati alle pareti di una caverna. Lo disse senza pensare, e subito si impressionò così tanto che non riuscì a continuare il gioco. Mentre Codi esultava per aver vinto Merito e Sondra, ignari della visione, proposero di anticipare di poco l’arrivo del compleanno con un primo regalo. Subito l’angoscia scomparve, e la serata proseguì. Giunse il momento del conto alla rovescia verso la mezzanotte di quel giorno maledetto: Calia chiuse gli occhi per riaprirli quando aveva dodici anni, ridere e continuare a sperare che quella notte non finisse mai. Quando lo fece non vide più la sua famiglia. L’Ilmud sulle assi del pavimento al posto dei suoi genitori e di suo fratello, poi la corsa a chiamare qualcuno, la scoperta, l’accusa alla sua anima di bambina, l’attacco contro il suo corpo. La sequenza di ricordi, come sempre, le fece bruciare le innumerevoli cicatrici di quella notte, e brillare sulla carne l’Ilmud alla base della schiena. Iniziò tutto quel giorno.
Si costrinse a smettere di pensare. Non riusciva a gestire quel dolore. Solo si focalizzò sul particolare della visione nelle fiamme. Poteva avere un significato? La sua famiglia contro le pareti di una caverna. Legati. I loro corpi imprigionati, e poco dopo la loro scomparsa. La rabbia ebbe uno scatto di intensità insieme al netto ricordo di quella visione: Calia si accorse di essere di fronte alla decima tappa. Un altro albero con il simbolo dell’Ilmud nelle radici. Rimase a fissare quasi con solennità quella nuova tappa, riflettendo su quanto sembrasse in quel momento semplice seguire le indicazioni del bosco rispetto all’inizio di quel viaggio, nell’alba di quello stesso giorno, in cui la mappa di Ramon, per recuperare la quale aveva rischiato la vita, era l’unica piccola certezza sul percorso verso la radura. Era davvero così semplice infine trovare le tappe corrette in mezzo a quelle mortali? La rabbia crescente indicava che un albero con il simbolo dell’Ilmud tra le radici fosse un giusto passo in avanti verso il cuore del bosco. Possibile che il sistema di difesa del Male avesse una così tenue struttura; se avesse voluto, il Male non avrebbe impiegato un istante a distruggere chiunque avesse violato le sue terre? A Calia apparve d’improvviso l’incongruenza di quel suo movimento di sfida nei confronti di una forza ultraterrena che poteva possedere le anime ed i corpi delle sue vittime. Poteva davvero la comunità sperare di fronteggiare il Male per cambiare le sorti di un Patto ormai scritto? Poteva sperarlo Ramon, Garco, e lei stessa? Che significato poteva avere quel ricordo d’infanzia venuto a galla proprio in quel momento? Avevano le sue visioni del passato, di un futuro indefinito, o di un presente d’ombra, sensi nascosti che avrebbero potuto gettare luce su quella realtà distorta? Di fronte a quell’albero, decima tappa di un percorso che sembrava condurla più che nascondersi, Calia sentiva amplificarsi enormemente i dubbi ed i pensieri che, senza nessuna distrazione da parte di rumori esterni, si divincolavano crescendo in se stessi, spingendosi fuori come voci indipendenti, parlando con lei, ammonendola e a volte schernendola. Che cosa la stava aspettando?
Quegli echi interni cessarono di colpo quando Calia si rese conto che non era un rumore a lei interno quello che stava sentendo, ma un incredibile, inusuale per quel luogo innaturalmente silenzioso, lamento che avvolgeva ogni sostanza vivente o meno di quel bosco. Sembrava provenire dal terreno stesso, e si diffondeva profondissimo e cupo come mai nessun suono aveva toccato le orecchie di Calia, da poco rinate per conoscere melodie senza vita. Non sapeva quando fosse iniziato, se già da molto sottendeva le sue riflessioni, o se fosse iniziato nel momento in cui la sua mente lo aveva colto. Era terribile ma allo stesso tempo seducente, e pur non provenendo da una direzione precisa Calia si sentiva attirata da esso, incitata a proseguire: presa da leggeri ed infinitamente sottili lacci di note cupe. La rabbia gorgogliò più forte, e l’energia salì dentro di lei fino a che non poté più rimanere ferma: mosse passi oltre la decima tappa e continuò a camminare verso la direzione che sentiva giusta, perché non c’era altro posto in cui la sua anima arrabbiata voleva portarla. Qualche tempo dopo la vegetazione cominciò a cambiare, presentando tipi di arbusti, alberi, fiori, che non aveva mai visto in quelle zone, né in quel bosco, da quando la sua vita lo aveva sfidato. Come un mondo nel mondo, sembrava a Calia di aver raggiunto la soglia di una nuova realtà. [continua…]
© Andrea Orlando – 2012 – Tutti i diritti riservati