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Joan Miró

Mostra a Palazzo Chiablese. In un’intervista Joan dice che non gli piacciono i numeri pari. Credo che ci sia sempre un senso speciale in queste piccole passioni, o fobie, o preferenze, dei grandi nomi della storia dell’umanità.

Se diventaste famosi, quale sarebbe la preferenza che vorreste passasse ai posteri? Io quella per le patate, i fagioli all’uccelletto, e Ritorno al futuro. Soprattutto nella stessa serata. Ah, anche il pane a lievitazione naturale insieme a tutto. Nell’altro blog avevo un elenco delle cose che mi piacciono. E’ strano a volte provare a stilarne uno, ti accorgi che non ti conosci poi così bene e che ti devi sforzare per tirare giù qualcosa che ti rispecchi veramente. Potenza del Doppio. Guardate qui se ha senso per voi questa riflessione? Basta solo l’introduzione, per carità.

C’è un nuovo racconto nel sito

Mi ha sempre incuriosito il fenomeno del Déjà-vu, e non potrò mai dimenticare la celebre spiegazione che ne dà Matrix (Usa, 1999). Quando ci sembra di aver già visto qualcosa che abbiamo di fronte, allora è un’imperfezione in Matrix: succede quando cambiano qualcosa nella Matrice.

Il racconto si chiama, appunto, Déjà-vu, ed indovinate in quale sezione potreste trovarlo?

Sempre di notte

Accade che da piccolo la notte é il momento in cui ti senti invincibile, e costruisci scene in cui sei tu a gestire gli eventi, immaginari tanto da essere reali; scegli e riesci. Non puoi sbagliare. Ti dispiace solo di doverti svegliare, e che tutto poi, nell’altro reale, sarà difficile da realizzare, come tenere ferme le pagine di un libro sferzate dal vento, in spiaggia, d’estate.

Invece da grande la notte ti spoglia, ti scopre e sorride sfidante. Tutto ti sembra difficile, e pensi nel sonno, o quel battito prima di esso, che sono troppe le responsabilità da gestire, e che sarà dura; e forse no, non credi di farcela, come raggiungere qualcuno con un messaggio scritto su aeroplanino di carta che lanci speranzoso riscaldandone un po’ la punta.

Non si torna, si riparte

Seimila chilometri, diciotto giorni argentini, coche, tranchere, mirador, jineteada, polvere, spazi, domande e loro echi, fori su gomme, simpatie ed antipatie.
Per quanto il mondo risulti fascinoso quando torno mi ricordo sempre di stare di nuovo partendo, e non tornando a qualcosa che ho lasciato. Quello non esiste più. Hai trovato soluzioni a problemi apparentemente insolvibili, e trovato nuovi ostacoli. Difficile concretizzare le prime ed accettare i secondi, ma hai una energia strana dentro, e vedrai se ti aiuterà o no. È il cambio di prospettiva, come quando vedi dall’alto uno spazio che sembrava così piccolo, e ne scopri invece l’immensità, a volte anche timida come un armadillo che ti attraversa la strada. Come Indiana Jones nell’ultima crociata, come Alice attraverso lo specchio, e come guardare da un altro emisfero il tuo fragile e indistruttibile mondo. Ciao.

Esperto Moreno

Il ghiacciaio del Perito Moreno avanza, come noi nella provincia di Santa Cruz, cercandoci tra la folla di visitatori. Gli andiamo incontro chiedendogli che qualche pezzo del suo enorme banco ci dia prova della sua voce, del suo temperamento, staccandosi e piombando roboante nell’acqua dolce del lago Argentino. Ci accontenta, ma ne chiediamo sempre di più.

Si potrebbe essere così pazienti e saggi, facendo sempre la cosa giusta, come sembra suggerirci l’Esperto. Ma poi torniamo indietro a cercare riflessi di un tramonto, e sebbene non troviamo alcuna risposta alle nostre domande, sappiamo di dovere sempre chiedere, soprattutto a chi teniamo di più.

Puerto Madryn e l’imprevisto fortemente voluto

Partenza, eccitazione, energia, nuvole a forma di ogni pensiero, asfalto, risate, navigatore, frasi e ragionamento da viaggiatori: ci perdiamo il primo distributore, sbagliamo la prima strada. Nessun distributore più per centinaia di chilometri, nessuna possibilità di recuperare asfalto in meno di due ore. Ma sorridiamo con sapiente disillusione, abbiamo già vissuto momenti straordinari.

Via da La Pampa

Il primo spostamento non aveva il dono dell’on the road, ed un pulmino freddo e scuro ci ha trasportati senza vista qui. Ora è l’automobile a chiederci dove andare, ed è tutto più libero e pericolosamente emozionante. Vi ricordate quando da bambini cercavamo di uscire dal giardino di casa per pochi metri di sconosciuta realtà? Credo che il senso del viaggio parta tutto da lì, bisogna solo spostare sempre di più i limiti.