Uscito nel 2014 in America con il titolo The Peripheral (ma solo ora in Italia), è il nuovo libro di uno dei grandi contributori del genere cyberpunk, che dagli anni ’80 ha raccontato una realtà sempre più facile da sperimentare intorno a noi negli anni futuri: quella virtuale, che è l’unico modo per alcuni di uscire da una realtà così sordida e cupa da spegnerti o bruciarti il cervello. William Gibson è l’autore del racconto Johnny Mnemonico, da cui è nato il film con Keanu Reeves, ha creato un romanzo chiamato Neuromante, che ha ispirato anche Matrix, e che è il primo libro di una trilogia chiamata dell’Agglomerato (Sprawl). Insomma, ha lasciato un forte segno in una letteratura fantascientifica, dispotica, ucronica, con descrizioni schizzanti di droghe sintetiche, firewall, personaggi ed eventi noir, perdite di identità, mondi virtuali, matrici, multinazionali spietate.
Il nuovo libro, tradotto in italiano con Inverso, racconta di due futuri (uno a breve e uno a medio termine), non proprio rassicuranti, che si incontrano, e di personaggi che attraversano tempi e spazi esasperati in videogame che ti accolgono ghignanti. E’ un’esperienza dissonante immergerti in un mondo dove la trama a volte è utile più che altro a descrivere i mondi e gli spazi che le danno vita. Negli anni ’80 la realtà virtuale stava prepotentemente facendo parlare di sé, e gli sviluppi promettevano allo stesso tempo così bene e così male che in molti ne hanno parlato. Gibson è uno dei più noti in ambito letterario, insieme a Philip K. Dick, che però lo precede di un po’.
Non siamo effettivamente ancora arrivati ad una realtà dove possiamo rifugiarsi così pienamente da scordarci che ne esiste un’altra, che potrebbe non essere in effetti più la “reale”. Ad ogni modo il fascino di questo pericolo è sempre attraente, in arte (che è di per sé un’altra realtà, appunto). I rapporti umani sono radicalmente cambiati ora, ma non credo che i social siano al punto in cui in molti si perdano in essi annientando il loro Io reale, sebbene ciò possa avvenire. E finché non arriveremo allo spinotto di Matrix che ti catapulta in un mondo in cui i sensi sono totalmente assoggettati a quella nuova realtà, possiamo distinguere facilmente dove siamo, alzando gli occhi dallo smartphone. Ma questo modo nuovo di interagire non è solo Male.