Io resto qui, con me. Tu vivi la tua meraviglia nel mondo, la scoperta del nuovo, l’ascolto della voce di un vento che costeggia i tuoi desideri. Esamina, giudica, cerca, concludi. Costruisciti un mondo tuo, vivi la realtà, sposta le opinioni e gli animi, non lasciarti mettere da parte. Distruggi, ricomponi, osserva, piangi e ricordati sempre perché lo hai fatto. Sorridi. Credi in te, e quando non lo fai, attraversa la delusione con ardore, con fierezza, perché ti renderà migliore, perché scoprirai di non conoscerti, e desiderai sempre, e ancora, di farlo. Ama. Lasciati amare solo da chi sai che può farti sorridere dell’incoscienza e della disperazione. E ricordati di me. Fallo anche per te, perché sapere che c’è sempre qualcuno, almeno una persona, che misura la grandezza dei suoi incontri e dei suoi sogni sulla tua essenza, sapere sempre, con solidità questo accadimento, può renderti il coraggio disperso e l’energia di saperti, anche se per un solo uomo al mondo, e sempre, la meravigliosa consistenza della felicità di esistere.
Dopo averlo scritto sul foglio di carta del suo quaderno preferito, lo strappò e lo appallottolò. Poi lo gettò nel cestino della spazzatura dell’aula di “scrittura d’impulso” e andò a raggiungere gli altri al bar dell’Università. Quella sera, come alla fine di ogni giornata, il professore entrò nell’aula nella penombra delle luci bianche, e raccolse i fogli stracciati e accartocciati nei cestini. Li esaminò velocemente, e un sorriso di soddisfazione gli sollevò gli angoli della bocca. Andò nel suo ufficio, e appese i fogli malmessi su una bacheca di sughero, con le puntine da disegno, insieme ad altri: centinaia di storie mai dette.
© Andrea Orlando – 2012 – Tutti i diritti riservati