In occasione della mostra espositiva di immagini fotografiche dal viaggio in Islanda con i fotografi Giacomo Ciangottini, Stefano Zaccardi e Lorenzo Costumato, raccolgo qui le poesie che hanno accompagnato le immagini esposte. Si tratta di pensieri, più che altro, ma essendo meno concreti di un racconto, ho preferito chiamarle con il termine dell’anti-prosa. Sono semplicemente numerate. Nessun titolo. Per le foto della mostra vi invito a visitare i siti dei fotografi sopra citati.
1. Nell’espressione di una domanda è già inclusa la risposta al vivere, essa scorre come acqua immobile, e basta osservarla meglio per meravigliarsi al suono di una corrente potente, vigile, sincera. Il suo suono è nullo, ché si riempie del tuo respiro.
2. Spera, non guardarli mai con rispetto, sfidali, poi invidiane la forma, l’energia che sospinge la loro alterigia, odiali. Saprai così se la sfida che ti lanciano ti sopraffà, o ti rende libero nell’accettare la tua maestosa possibilità.
3. “Guardami, sono qui” – lo chiamava con illusione, fissando i suoi occhi nel bianco di una lontana tristezza. Lui camminava via, ed il sole rimbalzava sopra la sua schiena ampia. Si avvicinò ai suoi passi, ma non riuscendo a raggiungerlo provò a richiamarne l’attenzione. “Hei, sono qui, guardami, voltati, guardami!”. Lui continuava ad allontanarsi, finché si arrestò, ascoltando. Si voltò, infine. Ma non vide nessuno.
4. Potendo scegliere, il sorseggiare scaltro di un’aria costellata di gocce è il miglior modo di attraversare un’idea. Quando rimbalza senza riposo tra l’inarrestabile discesa di ghiaccio trasformato, è così ferventemente energica che dimentica di voler scappare. Basta allungare una mano per solleticarne il sussurro ispiratore. Un solo passo, poi, e l’hai presa.
5. L’ho pensato, credetemi, sperando che fosse solo nella mia testa, e non nel fluire di latte senza falsità. Eppure era lì, davanti ai miei occhi ingenui, no… davanti al loro meravigliarsi dell’impossibile. Il destino. Non lo imponevano le mie azioni, esso era vivo lì, senza di me. E allora ho creduto di sapere: comune a noi, era il suo tono di voce sfumante che cercavo di ascoltare dentro la mia testa. Quando lo vidi anche sotto le palpebre degli altri, allora smisi di pensare, ed ascoltai.
6. Staccai la lenta costanza della mia coscienza per strizzarne la monotonia nello schema, anch’esso deciso, ma imponentemente fantastico, del morbido cielo e del suo toccare insolente l’acqua, nelle sue furbe forme. Guardai accanto a me, in pensieri che sapevo simili, ed ebbi l’onestà di dirmi inquieto, ma senza corde, ed onesto ero perché capivo la spoglia ragione dell’incontro.
7. Commutazioni: in alcune crescite si evolve, in altre si torna indietro, in rari casi invece, momenti speciali, che non puoi accogliere, perché troppo grandi, o troppo piccoli, comunque eccezionali, e le tue braccia non li contengono, in casi di un blu invisibile, tu ti confondi; e non è avanzare, o regredire, ma raccogliere ciò che le tue braccia non possono in recipienti di altra sostanza, occhi che scoprono un altro elemento nell’immagine davvero simile della loro speranza. E sai che fuori da te ci sei anche tu.
8. Luoghi, no non cercare di descriverli, guardiamoli insieme, tu ed io, e raccontiamoci quanto diversi siamo, e come questo vuol dire simili, e quel desiderio di andare in alto, con un po’ di paura, certo, e un ultimo sguardo in basso, perché lì lascio te, o tu me, quel desiderio è scoperta improvvisava di essere in due, e non sei lì giù dove tonfi leggeri si tramutano in corsi e luci, e non sono lassù nello straniero orgoglio di un grigio attraente e sereno, ma sei qui accanto a me, ed io qui accanto a te, senza il peso di un giudizio, e con l’assenza di una protezione. Il vero mi conferma la nota di quel gesto sempre represso. Qui esplode di coraggio. Liberi. Non esattamente. Noi.
9. Cremisi, e come puoi dirlo, se lasci speranze di sole nella sua notte. Vieni fuori, non tremare, sorreggi il tuo dubbio, tienilo, soppesalo e fattene carico. La vedi, laggiù, quella luce laminante di sbalzi rapidi? Non distogliere gli occhi, fissala, seguila e mutala, non è lei a guidarti, quella sei tu, nel tuo desiderio potente di risposte, e urla, scaccia il pensiero, nutri la viva sensazione di esserci. Salta! Corri per tornare qui. Io ci sono sempre. Respira.
10. Crebbe nella velata certezza che fosse rumore, il battito, e fastidio, il riflesso. Crescendo ancora discese di nuovo nel ventoso muro di rocce, e aggrappato a quel fascio molteplice di luce, riuscì a rispondere al suo pensiero. Lasciò la presa, e il suo battito si perse nel riflesso.
11. Lo avevi afferrato, ti ho visto, se fossi solo meno orgoglioso. Dici davvero che il mondo non sa che farsene di te? E come puoi spiegargli che la meraviglia della conoscenza te l’ha insegnata lui, se disegna e colora, e spera che il sospiro subito dopo l’impresa venga da te sentito, e ti guarda da una prospettiva nuova per sbirciare il tuo scompiglio. Il mondo sopravvive senza di te, eppure non puoi fare a meno del tuo sospetto di felicità. Lo avevi afferrato, ripensaci.