[…segue] Calia non era un mostro, non aveva anomalie fisiche: mangiava, dormiva, respirava, soffriva, amava. E non era sordomuta dalla nascita, ma lo divenne il 13 febbraio del 1876 quando, aspettando la mezzanotte del suo dodicesimo compleanno, i suoi genitori ed il suo fratellino, di tre anni più piccolo, lasciarono quel piccolo angolo di mondo, escluso alla contemporaneità. Non morirono. Scomparvero. Calia guardava attraverso il vetro lindo della sua casa, verso una nebbia mattutina che tossiva sul suo cuore, come ogni mattina in quel vaporevole terreno, che sembrava respirare di vita oppressa. Forse le era vicino, ma non la aiutava ad andare avanti. Guardava e pensava. Lo faceva ormai con tanta intensità che era convinta di sentire le parole del suo pensiero: pulire quel maledetto ambiente, concretizzarsi in un suono reale, che la sua laringe non poteva più produrre, ma che tanto non le serviva più di quella fastidiosa mosca poggiata sul vetro. Non poteva sopportare la sporcizia. La mosca cadde stecchita con un colpo di panno. E Calia raccolse i suoi lunghi capelli imbiancati, prese lo sporco animale, e lo gettò nel camino, sempre acceso. Era una ventiquattrenne che voleva vivere, ma la mattina, sempre, a quell’ora, lo dimenticava. [continua…]
© Andrea Orlando – 2012 – Tutti i diritti riservati