[…segue] Calia e Garco proseguirono nel male di quel verde, alla ricerca della sesta tappa, un albero che avesse il simbolo di vetro composto nelle radici, e che potesse accendere la rabbia dentro chi fosse davanti ad esso.
Calia rifletteva su tutti gli avvenimenti che, in un solo giorno, la avevano travolta, riuscendo a malapena a comprenderne la frenetica sequenza. Ramon le aveva dato la spinta necessaria a lasciare la sua casa e prigione nel villaggio deserto della sua infanzia, e Calia aveva capito di amarlo. Lo aveva compreso quando la fiducia nel suo futuro aveva assunto la concretezza che sapeva di dover avere prima o poi e, realizzando improvvisamente che Ramon era sempre stato dentro di lei, nel suo brillante mondo di fanciulla e in quello piegato e scuro dell’adolescenza solitaria, Calia aveva ripreso a credere di poter sorridere mentre guardava l’amico dopo tanto tempo. La sua vita non poteva spegnersi nel vuoto di quell’isolamento, e Ramon era la conferma delle sue profondissime intuizioni di bambina, ragazza, donna e anziana.
Il suo Ramon in quel momento di riflessione giaceva a terra in un luogo ormai lontano ed indefinito, in quel bosco che era il nuovo mondo di Calia, forse il suo ultimo mondo. Il branco di cinghiali aveva probabilmente profanato il suo corpo in un modo che Calia non riuscì a sopportare nella sua mente impensierita. Fermò allora bruscamente la riflessione, intuendo così una verità innegabile: Calia si sentiva più tranquilla, tanto da potersi perdere nei pensieri che da ore non potevano spostarsi liberamente nella sua mente elettrizzata dai sensi in continuo allerta. Approfittava in qualche modo di quel momento odiando quella verità, pur essendo forse l’esplosione di quel fortissimo bisogno di tranquillità a rendere vera una sensazione così staccata dal magma delle emozioni scure che da anni provavano il suo coraggio. Forse si sarebbe sentita così anche con Ramon, perché era tutta la sua anima a proiettare una tranquillità necessaria, dopo ore di continua e pungentemente intensa angoscia, su chiunque fosse stato lì accanto. Ad ogni modo riusciva per la prima volta dal giorno precedente a non pensare alla morte imminente che la guardava percorrere un terreno di sua proprietà, riflettendo invece, con il dolore che colava dalla sua mente sanguinante, all’amore perduto per sempre. Calia comprese però qualcosa di più profondo: come fosse un lontano ricordo, Ramon aveva lo strano sapore di un pensiero orribile che turbava un momento di minima serenità a contatto con Garco. Il contrasto di quella sensazione la fece tornare a tremare. La serenità era durata un istante, ma c’era stata. Come poteva quel giovane mostro ad essere così positivamente influente sul suo animo sottile? Che Garco dicesse davvero la verità?
“Va meglio?”
Garco si insinuò in quella strana sensazione contribuendo ad indebolire ancora di più lo sforzo di Calia di non ammettere la lenta dipendenza da quel ragazzo misterioso.
“Si, ma non grazie a te”
“Non credo che quel branco di cinghiali la pensi così”
“Non basta questo perché io mi fidi di te”
“Spero che tu non ci metta troppo: vedermi come un amico potrebbe salvarti la vita.”
“Questo lo vedremo”
“Cerca di ascoltare il tuo istinto, Calia: so che dentro di te vuoi darmi una possibilità. Io non chiedo altro, solo di poterti stare vicino per provare a liberarti un poco dell’orrore che da sempre circonda la tua esistenza. Tutti questi anni di vita nella comunità sono stati un continuo ritorno al peccato di quella notte in cui ognuno di noi ti ha gettato addosso dolore per evitarlo a sé stesso, e una continua, profonda, angoscia nel rimorso di ciò che ognuno aveva contribuito a causare. Se non mi permetterai di avere la tua fiducia potrebbe arrivare il momento in cui ti pentirai di non esserti staccata dal giudizio irremovibile che ha ucciso Ramon: solo insieme possiamo cercare di sconfiggere il Male. Siamo solo noi, ora che il Saggio Gesua è morto. Ti ho detto che ti proteggerò anche se tu non vuoi, che sarò sempre accanto a te fino alla fine di questo viaggio, comunque questo vada, ma se il tuo cuore non è disposto ad essere aiutato, alla fine cederà: non puoi sconfiggere la prova a cui sarà sottoposto dal Male”
“Di quale prova parli?”
“Non lo so esattamente: i Tre Anziani mi hanno istruito per cercare di fronteggiare al meglio il potere del Male, ma nessuno sa cosa lo aspetterà nel confronto con la forza che vive nel bosco: ogni cuore viene colpito nel suo punto debole perché si apra al flusso maligno. Non posso spiegarti meglio, ma so che un tempo lontanissimo i Tre Anziani erano Quattro, e che nell’accordo ancestrale con il Male per abitare il villaggio dove hai vissuto da sola in questi anni, uno dei Saggi perì nel confronto con la Sua forza. I Tre Anziani non ne hanno mai parlato, ma hanno voluto raccontarmi questa tragedia per avvicinarmi alla comprensione dell’enorme pericolo verso cui siamo diretti”
“Se conosci già il percorso perché non andiamo diretti alla radura?”
“Non conosco le tappe del percorso, conosco solo alcuni elementi a cui prestare attenzione”
“Quel simbolo che per causa tua ora è distrutto, sai cosa è?”
“Il simbolo si chiama Ilmud. I Saggi mi hanno raccontato che ricorre nella vita del villaggio da quando il Male ha permesso alla comunità di stanziarsi nelle terre adiacenti al bosco. È un costante avvertimento del Suo sguardo sempre su di noi e per alcuni sembra essere una protezione, il marchio di un destino scelto da quello stesso sguardo per alcuni. Per questi uomini e queste donne, scelti nel mistero del Suo tremendo potere, il simbolo appare sulla pelle senza possibilità di cancellarlo: ciò che accade all’anima del marchiato nessuno è in grado di saperlo, neanche i Tre Saggi, che avevano l’Ilmud sulla loro stessa pelle.”
Calia ascoltava il senso di quel simbolo così familiare sentendone i contorni bruciare nelle linee sulla sua pelle. Ilmud: l’incrocio di due linee curve, la speranza e il simbolo della sua vita dannata, la protezione che aveva scelto il suo destino da tempo, si disegnava in un’immagine mentale mentre Garco ne raccontava la breve e misteriosa storia. Senza accorgersi del riflesso che produceva quell’immagine sul suo corpo, Calia si scoprì la piccola porzione di pelle che aveva impresso il simbolo, alla base della sua schiena, sotto a decine di cicatrici e graffi che non sarebbero mai scomparsi, segni dell’odio di quella comunità che sembrava sempre meno colpevole mentre Garco ne raccontava il profondissimo rimorso. Garco osservò senza stupore le linee dell’Ilmud che rischiaravano impercettibilmente la zona di quella ragazza speciale e, lentamente, si girò scoprendosi il collo, dove lo stesso simbolo brillava tenuamente sulla sua pelle.
“Anche tu!”
Sussurrò Calia incredula.
“Siamo entrambi parte di un piano più grande di noi. Per questo dobbiamo farci forza l’uno con l’altra”
“Il simbolo di vetro brillava quando c’era un pericolo nelle vicinanza, saprei con certezza se tu fossi un mostro o il salvatore che dici di essere.”
“Non hai bisogno dell’Ilmud di vetro, devi solo ascoltare ciò che ti dice il tuo istinto. Non sono un impostore, Calia.”
Il bosco sembrava ascoltare la conversazione dei due ragazzi con un’attenzione sovraumana, mentre i loro piedi proseguivano verso la sesta tappa, che Calia improvvisamente scorse davanti a loro: un albero immenso che aveva le radici curve nella forma del simbolo che ora aveva per la sua mente un nome.
“Ecco la sesta tappa.”
Parlò Calia con il sollievo di abbandonare un momento della conversazione che le dava la fastidiosa sensazione di essere dominata nei ragionamenti e nelle intuizioni da quel giovane bellissimo.
“Ora sarà la rabbia che abbiamo dentro a dirci come proseguire”
Garco era fermo nella voce e negli occhi. Calia, accanto a lui, chiuse gli occhi per ascoltarsi dentro. [continua…]
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