III

[…segue]. Si spostò in cucina, un angolo del piano terra con un fornello, un lavandino scollegato ormai da anni dal pozzo a causa dell’attacco di un cinghiale in una notte di agosto, due sedie, un tavolo di legno di quercia, che sembrava potesse reggere da solo l’intera abitazione. Su di esso un ramoscello piuttosto spesso fasciato all’estremità da una striscia di panno, ed un quaderno. Calia prese il rametto, lo impregnò nel secchione di pece che teneva chiuso nel piccolo mobiletto accanto al lavandino, e scrisse sul quaderno: “Ramon è stato qui, mi ha parlato del pugnale nascosto nell’asse del muro accanto al letto. L’ho trovato, era ancora sporco di sangue. L’ho pulito bene, ma credo che non servirà a molto”.

Da quando accadde la misteriosa scomparsa dei Flannigan, di cui Calia era l’ultima discendente, i pochi abitanti intorno alla sua casa scapparono, e lei non ne seppe più nulla. La comunità pastorale che da quasi centocinquant’anni occupava quel pezzo di terra aveva individuato in quell’evento sovraumano l’imminente arrivo della fine, l’inghiottimento totale di tutto, animali, terra, uomini, case, dentro un vortice di inaudite dimensioni, punizione per il reato di cui nessuno parlava, di cui nessuno sapeva la reale fattezza, ma per il quale tutti erano certi di essere colpevoli. I tre più anziani parlavano di un evento misterioso che avrebbe avvertito dell’imminenza della punizione, un’ultima occasione di redenzione. Chi fosse riuscito a scappare sarebbe stato degno di iniziare una nuova vita, monda dal peccato, in un altro luogo, lontano. Merito, Sondra, e Codi, i genitori ed il fratellino di Calia, erano svaniti nel nulla. E questo significava due cose: la fine era vicina, e la famiglia era maledetta, scelta dal destino come espiazione de mali di tutta la comunità. Calia era l’unica colpevole rimasta in vita, e doveva essere lasciata lì, a marcire con le sue colpe per il bene della collettività. L’alba seguente alla sparizione Calia non poteva più parlare né udire alcun suono, dunque era rimasta in vita per subire la punizione come rappresentante di tutti, prima della grande voragine. Non doveva mai più lasciare quella zona, per il bene dei restanti, ai quali veniva data una seconda occasione. Quella mattina Calia soffrì il dolore. Fu il bersaglio di ogni genere di tortura. Eppure doveva vivere ed aspettare, come esempio del pentimento di ognuno. Anche i bambini vennero incitati ad attaccare la ragazzina, che in quel primo giorno del suo dodicesimo compleanno, invecchiò di colpo. Ramon fu il solo a non toccarla. Rimase in silenzio durante tutti i colpi, con gli occhi che serravano lacrime di compassione e dolore, impossibilitate allo sgorgare dalla minaccia dell’accusa di “amico della peccatrice”. La bocca spalancata a lanciare un grido disumano che non poteva più essere prodotto fu l’ultima immagine che il piccolo Ramon, amico di giochi della disgraziata bambina, vide quel 14 Febbraio 1876, il compleanno di Calia.

“Ramon è stato qui.” Sul tavolo sgombro il pugnale pulito. Calia lo prese, lo rigirò tra le mani facendo scorrere il riflesso della luce mattutina sulla sua superficie, e lo ripose nel cassetto del mobiletto. Allora un ricordo del male passato, un istante maledetto delle torture le trapassò la mente ed il cuore, facendole contorcere le labbra e costringendola ad appoggiarsi al tavolo. I nervi si contrassero di colpo come a reazione di colpi inferti in quell’istante da mani invisibili, la pelle si fece in alcuni punti violacea e contusa. Poi tutto finì con il viso spaventato di Ramon. Lui le voleva davvero bene. Respirò profondamente riprendendo equilibrio e battito e, lentamente, si raddrizzò, riacquistando il controllo. Non erano insolite quelle crisi di ricordi che le strappavano l’aria dai polmoni. Tornò in sé, inspirando ed espirando, e insieme al fiato cominciò a formarsi un sorriso, che le illuminò il volto segnato ma bello, scacciando il dolore.

Andò ad una malridotta libreria densa di volumi della stanza, ne prese uno, e lo aprì ad una pagina segnata da un cordino rosso. Calia riprendeva a vivere dopo la morte di ogni mattino. [continua…]

 

© Andrea Orlando – 2012 – Tutti i diritti riservati