XXVII

[…segue] Garco sembrava non toccare nemmeno il terreno mentre i suoi piedi allontanavano lui e Calia dall’attacco mortale dei cinghiali diabolici. Presto furono distanti dal luogo in cui Ramon giaceva a terra senza vita: il luogo in cui il simbolo, fedele accompagnatore ed indicatore, si era disfatto in tante piccole schegge, il luogo in cui Calia aveva definitivamente lasciato tutti i suoi legami con la sua vita nella prigione del villaggio fantasma, solo un giorno prima ancora intorno a lei. Non aveva più il fucile, né il simbolo di vetro, non aveva altro che il ricordo della sua lontana casa, delle sue abitudini tragicamente fedeli, aveva di nuovo una voce ed un udito in grado di iniettarle dosi di realtà più massicce, non aveva più la mappa, rimasta in mano a Ramon, e sopra ogni assenza non aveva più il suo Ramon, i suoi timori condivisi con lei, il suo coraggio paludoso eppure infine presente quando serviva, non aveva più la sua voce, i suoi occhi, il rumore da poco ritrovato dei suoi passi di ragazzo. 

    Mentre si inoltrava nel bosco sorretta da Garco, il nemico più feroce del suo Ramon, sentì tuttavia il sollievo di essere protetta, come mai si era sentita, fra quelle braccia forti, e subito sentì la vergogna di stare in qualche senso tradendo Ramon, il suo amore e la sua fiducia: pensando al dolore infinito di non poterlo vedere mai più, Calia si abbandonava contemporaneamente al sollievo che sarebbe stato per lei potersi fidare di Garco. L’odio verso sé stessa, per questa sporca contraddizione, le fece gridare:

“Fermati!”

Subito Garco si arrestò, posandola delicatamente sul terreno umido. Avevano percorso una distanza lunghissima e senza possibilità di misura. Erano molto più dentro quel bosco e, Calia lo percepiva, più vicini al suo cuore maligno.

“Stai bene?”

Le chiese Garco.

Calia parlò con il dolore e la sensazione del tradimento che le mordeva le tempie: 

“Perché non mi uccidi subito, invece di continuare con questa menzogna?

Garco scosse la testa, in un modo di indefinibile padronanza.

“È proprio questa la diffidenza che ha ucciso Ramon, continuare a credere che ognuno di noi sia in una guerra continua con l’altro: quando gli abbiamo offerto di rappresentare la comunità nella strada verso la tua salvezza ha rifiutato la possibilità di non sentirsi solo in questa disperata missione. Anche questo lo ha ucciso, da solo contro tutti non è riuscito a farcela.”

“Voi dunque lo avreste protetto, come lo hai difeso tu da quell’attacco mortale?”

“Non avrei potuto fare nulla in ogni caso: una furia come quella che si è abbattuta su di voi ha nello stesso momento attaccato anche me. Come avrai notato, ho una potenza ed una velocità non umane. Non so come sia possibile, ma da quando sono entrato nel bosco seguendovi, dopo aver scampato la distruzione del Vortice, ho cominciato a sentire un’energia sempre più grande dentro di me, ed in poco tempo sono stato in grado di correre, saltare, abbattere, come nessun uomo credo sia mai riuscito a fare. Ho avuto la meglio senza problemi sul branco di cinghiali, ma non ho potuto essere con voi mentre Ramon moriva. Non mi dispiace, e lo dico senza vergogna. Era un essere misero. Mi dispiace solo che tu ne soffra così tanto.”

Calia non riusciva a controllare il dolore che le sbatteva la coscienza contro una roccia di oblio e, mentre riprendeva fiato senza riuscire a sentire più la sua mente, ma solo la sensazione di perdizione intorno a lei, lasciò uscire una lacrima. Durò un breve momento: non poteva cedere di fronte a quel ragazzo così misteriosamente inquietante eppure tranquillizzante allo stesso tempo. Disperata, chiuse gli occhi al mondo e ripeté piano:

“Sei un mostro… sei un mostro”

Garco aveva una calma incredibile, e il suo tono riusciva a rassicurare un poco, in alcuni momenti, l’irrequietezza di Calia, suo malgrado. Le rispose con una strana nota di comprensione.

“Posso essere chiamato così, lo so. Ma per te non lo sono. Calia, io voglio aiutarti a raggiungere la radura, ed ora che non hai più la mappa né il simbolo di vetro, sono l’unico sostegno che puoi avere.”

“Come sai queste cose?”

“Vi ho seguito, Calia, so dei vostri strumenti, e sono rimasto impietrito scoprendoli. Non mi aspettavo davvero che poteste avere simili aiuti. Permettimi di rimanerti vicino. Guardati intorno, non hai altra scelta: un altro attacco dei cinghiali e morirai anche tu. Io posso proteggerti, e lo farei anche se tu non volessi, tenendomi a distanza. L’ho promesso a tutta la comunità, a tutti quelli che, come me, si sentono distrutti per averti causato un dolore così atroce. La radura non è solo la tua meta, ma anche quella di tutti noi. Io ti porto le loro scuse, le scuse di uomini e donne che probabilmente ora sono stati spazzati via dalla furia del Vortice.”

Quella rivelazione avrebbe sorpreso Calia, se fosse rimasto un soffio del suo animo suscettibile di meraviglia.

“Sono tutti morti?”

“È probabile: questa è la punizione per non rispettare le condizioni del Patto. Erano in ogni caso tutti pronti. Questo è il sacrificio per restituirti la possibilità di essere di nuovo libera. Sono colpevoli di un’azione tremenda, ma potrebbero aver pagato con la vita quell’egoismo”

Calia non sapeva più cosa dire e pensare. La mente vacillava tra attimi di certezza in un senso o nell’altro e attimi lunghissimi di indecisione in cui si comprendeva addormentata. Garco aveva tuttavia ragione: non aveva nessuna possibilità di andare avanti senza di lui. Si sarebbe dovuta alleare con il più grande nemico di Ramon, ma se era l’unica possibilità di arrivare fino al luogo in cui lui stesso le aveva chiesto in fin di vita di giungere anche per lui, lo avrebbe fatto. Avrebbe accettato la protezione di Garco per onorare il sacrificio di Ramon.

“Non ho più la mappa, il simbolo di vetro è distrutto, e tu sai più di me su questo luogo e sul Patto. Sono costretta ad accettare il tuo aiuto, ma ti odierò sempre come tu odi Ramon e manchi di rispetto alla sua anima. Forse sono viva grazie a te, ma non ti devo nulla. Questo lo devi sempre ricordare. Ora andiamo”

Garco rimaneva impassibile:

“La mappa era imperfetta e conteneva pochi altri consigli. Ramon aveva però scritto il modo di proseguire nella ricerca delle tappe dopo le prime che era riuscito a segnare, non è così?”

Calia ricordò le parole di Ramon, sentendo improvvisamente l’orrore delle visioni avute davanti all’albero con il nastro rosso, mentre esplorava da sola il bosco del Male, ed il suo Ramon giaceva privo di sensi: immagini delle poche persone amate, immagini di dolore causato dalle loro mani credute innocenti, dubbi profondissimi e atroci sul giusto modo di vedere tutta la sua vita e le sue certezze.

“Bisogna ascoltare la propria rabbia di fronte ad ogni albero con il simbolo nelle radici”

“Si, Calia. L’unico modo per giungere alla casa del Male è ascoltare il male dentro sé stessi. Ero vicino a te quando hai trovato un albero con il nastro rosso, una tappa che i Tre Saggi contrassegnarono dodici anni fa. Siamo molto oltre quell’albero, ed un’altra tappa è stata superata, grazie ad alcune indicazioni che mi hanno dato i Tre Anziani prima di partire; dobbiamo trovare la sesta tappa del percorso.” [continua…]

 

© Andrea Orlando – 2012 – Tutti i diritti riservati