Alcatraz, non esisteresti senza il patriarca

Se dovessi riflettere sul perché funzionano così tanto le serie tv di matrice americana, la risposta è sempre quella che mi trovo a sentenziare a chi me lo chiede, al caffè di un mai così ispirante locale di Roma (tocca trovarne di magici, come a Parigi o a New York, ma questo è luogo comune no? Qualcuno ne conosce però?).

La risposta, comunque, è che, nella tragica frenesia del vivere, la pillola di 45 minuti risulta più digeribile di un film, ed il ritmo ormai perfetto ti scivola dentro così privo di attrito che non ti accorgi neanche che hai rubato qualche decina di minuti al sonno, e ne vuoi anche altro. L’effetto di assuefazione si comincia a far sentire, e tu chiudi con un gesto secco il portatile, e giù di nuovo nel reale. Ma già ti manca il racconto.

Fa seguito agli ormai numerosissimi prodotti di qualità statunitensi la nuova storia di J.J. Abrams, nome profetico che il creatore di Lost ha imposto al pubblico da una decina di anni. Il nuovo racconto a puntate (che ricordiamo richiama gli effetti del romanzo d’appendice [sotto inciso: perché non leggersi allora il mio romanzo a puntate che ho ripreso a pubblicare sul sito?]), dicevo il nuovo racconto si chiama Alcatraz, storia misteriosa e temporalmente senza regole della scomparsa di 306 tra detenuti e secondini del carcere di massima sicurezza, “La roccia”, sito sull’isola di fronte a San Francisco. Il carcere chiuse nel 1963, ufficialmente i detenuti sono stati trasferiti, ma… manco pe’ niente. Nessuno sa dove siano finiti realmente. Una squadra speciale formata da un misterioso uomo di stato, una giovane detective e un noto studioso di Alcatraz (il buon Hugo di “Lost”, Jorge Garcia) staranno all’erta ad accogliere, uno dopo l’altro, l’improvviso ritorno di chi scomparve nel 1963.

Mistero, sapienza narrativa, montaggio impeccabile, di nuovo il tempo spezzato a rompere ogni regola. Lo sappiamo, ormai, Abrams ha ridefinito alcuni punti del serial, ha acchiappato Nerd e meno Secchioni, e confluito la voglia di avventura e mistero di ognuno di noi nelle sue storie seriali. Mi sembra dal primo episodio di Alcatraz che gli elementi che abbiamo amato in Lost e Fringe ci siano tutti. Certo, il rischio del déjà vu comincia ad essere alto. Però fa piacere ricominciare a sperare di nuovo di stupirsi.